di Luca Malentacchi
Non ci sono dubbi, da circa dieci anni l’uso anche in immersioni non professionali della muta stagna ci ha permesso di migliorare le nostre performance subacquee. Più immersioni in inverno, tempi in acqua più lunghi, aumento della sicurezza grazie ad una minor dispersione calorica, possibilità di svolgere più di un immersione al giorno anche in acque particolarmente fredde e perché no, maggior comfort fuori e dentro l’acqua. Fortunatamente, dai più sono stati risolti anche i problemi legati all’ignoranza sul loro uso: utilizzo senza gav, aria nei piedi che causa pallonate incontrollabili e altre idiosincrasie.
Due o tre immersioni con un istruttore capace sono sufficienti per utilizzarla nel migliore dei modi ed in totale sicurezza.
L’evoluzione dei prodotti, insiema ad una maggiore cultura da parte di produttori, negozianti, istruttori e subacquei, permette anche una scelta di ciò che è più adeguato alle esigenze di ognuno… o quasi! Vediamo di capire meglio. Dal punto di vista del materiale utilizzato le mute stagne si dividono in due categorie: quelle in neoprene e quelle in tessuto (siano esse gomma o trilaminato). La differenza fondamentale tra le mute in neoprene e quelle in tessuto è che le prime sono soggette a variazioni di spinta idrostatica, dipendenti dal sistema stesso, mentre quelle in tessuto resteranno inalterate nonostante le variazioni di pressione esterna/interna. Altra differenza tra questi materiali è che la muta stagna in neoprene, associata in genere ad un sottomuta leggero garantisce, oltre all’impermeabilità, anche una coibenza termica autonoma dipendente dallo spessore del neoprene espanso; tutto ciò è però rilevante solo fino a profondità relativamente basse (diciamo sui 20 m). Per contro la muta in tessuto gommato e/o trilaminato non garantisce da sola alcuna coibenza termica, ma solo la separazione del corpo umano dall’ambiente esterno; la protezione termica è interamente demandata alla qualità e quantità di sottomuta usato. In queto caso tutte le qualità di questo sistema (separazione dall’acqua e coibenza termica) restano invariate nell’immersione e indipendenti dalla profondità di esercizio. Un alto parametro da considerare è la tecnica d’uso di una muta stagna in neoprene, decisamente più complessa di quella in tessuto per la necessità di controllare, oltre alla variazione di volume interno, anche la variazione di volume del neoprene stesso. Ultima differenza tra i due tipi di mute è la maggiore facilità di riparazioni e manutenzioni più semplici nelle mute stagne in tessuto. Ma vediamo meglio cosa come sono fatte.
Mute stagne in trilaminato
Il trilaminato è un materiale multistrato costituito da fogli di tessuto in nylon alternati ad uno strato di gomma butilica. Tale materiale fu originariamente studiato e sviluppato in Gran Bretagna, per conto della NATO, al fine di produrre indumenti militari protettivi contro gli agenti chimici. Esistono diversi tipi di trilaminato che si distinguono per la loro pesantezza, definita in grammi per metro quadro (g/m2); quelli più utilizzati per il confezionamento di mute stagne sono i tessuti da 230 g/m² e 350 g/m², denominati rispettivamente TLS1 e TLS4 (TLS è l’abbreviazione di tri-laminate suit). Questo tessuto consente di realizzare mute stagne con un peso contenuto e particolarmente comode da indossare, anche se restano un po’ rigide a causa della scarsa elasticità del tessuto stesso. Queste mute sono idonee a soddisfare le esigenze legate ad un’attività sportiva, ricreativa e tecnica, mentre risultano non sufficientemente robuste per un’attività di tipo professionale, che oltretutto viene spesso svolta in acque ad elevata presenza di sostanze inquinanti ed oleose che verrebbero velocemente assorbite grazie alla elevata porosità del tessuto stesso.
La lavorazione del trilaminato è relativamente semplice e non richiede tecnologie particolari: si tratta di ritagliare dai fogli di tessuto le parti di muta che vengono poi cucite tra loro e successivamente impermeabilizzate con nastratura o l’uso di appositi sigillanti. Alla muta così realizzata viene applicata la cerniera, gli stivaletti, i polsini ed il collarino.
Anche la riparazione di questo tipo di muta è relativamente semplice. In caso di foratura si può rimediare applicando internamente un po’ di aquasure.
Mute in tessuto gommato vulcanizzato
Il tessuto per la fabbricazione di tali mute è costituito da una trama di polyestere spalmato con gomma naturale e aggiunta di oz-res, un componente sintetico che, alle ottime qualità di resistenza meccanica proprie della gomma, unisce una resistenza agli agenti chimico-fisici esterni quali ozono, ultravioletto, olii minerali e naturali. A tale tessuto, assemblato con la gomma di spalmatura allo stato “crudo”, viene unita una fodera interna e cucito senza sovrapposizioni; la giunzione viene poi protetta da un nastro di gomma e oz-res, anch’esso allo stato “crudo”. Dopo ciò, vengono inseriti tutti i rinforzi necessari nonché la cerniera e le sedi per le valvole. Il vestito così assemblato è inserito in manichini metallici e introdotto in grosse autoclavi dove, ad una temperatura di circa 120° C e una pressione di circa 4 bar, viene vulcanizzato e quindi ne esce come un “pezzo unico”, non considerabile cucito e nastrato come comunemente s’intende. A questo punto vengono aggiunte le parti di tenuta (polsini, guarnizione collo e/o cappuccio) in puro lattice di gomma ottenuto per processo catalitico. Le mute di questo tipo hanno un’ottima resistenza meccanica, sono facilmente riparabili, ma sono poco morbide e tanto meno elastiche. Per contro, il loro peso risulta essere superiore ad altri tipi di mute.
Neoprene Precompresso
Il neoprene precompresso è un materiale molto resistente e, allo stesso tempo, molto flessibile. Viene realizzato utilizzando uno spesso strato di neoprene macrocellulare espanso, al quale vengono connesse fodere in robusto nylon; il materiale così ottenuto viene poi sottoposto a particolari tecniche di lavorazione che consistono nel comprimerlo e decomprimerlo diverse volte fino ad ottenere la rottura o lo schiacciamento di tutte le cellule del neoprene (il CF Crusched Foam della DUI è l’unico ad essere veramente a cellule rotte). Ne risulta un materiale molto simile ad un tessuto, ma dotato di notevole elasticità e grande resistenza meccanica.
Per l’assemblaggio delle diverse parti della muta si utilizzano tecniche di lavorazione simili a quelle utilizzate per il neoprene espanso, ma più complesse a causa del minimo spessore del materiale. Le parti vengono incollate e cucite con punti non passanti, impermeabilizzate con nastratura elastica e applicazione di collarino e polsini.
Le mute stagne in neoprene precompresso ereditano gli aspetti positivi di robustezza ed elasticità delle mute in espanso, ma anche quelli negativi di peso e difficoltà di riparazione, la maggiore difficoltà nell’asciugarsi internamente, la necessaria maggior quantità di zavorra e il non poter usare sottomuta particolarmente pesanti. Sono però più vestibili, più aderenti e spesso esteticamente più gradevoli.
Ma vediamo ora, oltre al tessuto che costituisce le mute, quali sono le parti necessarie per una corretta funzionalità della muta e come mantenere la loro funzionalità.
La cerniera stagna
Le cerniere stagne, rubate alla tecnologia aerospaziale, sono in linea di massima, quasi tutte di buona qualità ed affidabilità. I denti in bronzo chiudono ermeticamente attraverso compressione su gomma. La posizione migliore della cerniera è quella che dà la migliore garanzia di vestibilità e protezione da possibili danni. Le posizioni più diffuse sono da spalla a spalla e anteriore trasversale.
Le valvole Le valvole (carico e scarico) sono un elemento fondamentale delle mute stagne e devono avere ottime caratteristiche tecniche che solo pochi produttori riescono a garantire. Importante è la posizione delle valvole che non deve essere casuale ma dettata da specifiche esigenze d’uso e praticità oltre che di sicurezza. In particolare, la valvola di scarico deve essere posizionata in modo tale da consentire lo scarico completo di tutta l’aria contenuta nella muta senza la necessità di assurdi contorsionismi. Secondariamente, ma forse al primo posto per motivi di sicurezza, deve consentire, qualora (ipotesi rara) la valvola di mandata dovesse bloccarsi in erogazione continua, l’estinzione di tutta la sovrapressione immessa nella muta; è quindi importante che ci sia compatibilità di rapporto carico/scarico tra le rispettive valvole. Esistono due tipi di valvole di scarico: quelle automatiche e quelle manuali. Il primo tipo consente di una taratura per scaricare automaticamente quando la pressione interna dell’aria aumenta (causa diminuzione di profondità o eccessivo gonfiaggio); l’altro tipo richiede invece sempre l’intervento manuale. Questo tipo di valvole viene comunemente impiegato nelle mute di neoprene espanso dove, a causa dell’elasticità stessa del neoprene, la valvola automatica non sarebbe in grado di rilevare la sovrappressione.
Le guarnizioni di tenuta
Le guarnizioni di tenuta, quali polsini, collarini e cappucci, sono generalmente in neoprene monofoderato per mute stagne in neoprene ed in lattice di gomma negli altri tipi di mute. Entrambi, se di forma e qualità adeguate, sono da considerarsi affidabili anche se, probabilmente, alcune guarnizioni in neoprene risultano più delicate delle equivalenti guarnizioni in latex naturale.
I calzari I calzari con suola integrata risultano più comodi e veloci da indossare e togliere anche se spesso, però, hanno una misura non precisa, quasi sempre più grandi del dovuto. Possono essere più delicati. Oppure con calza integrata e scarponcino separato, tipo militare. I vantaggi sono calzata adeguata al piede, maggior resistenza e comodità soprattutto fuori dall’acqua. Gli svantaggi: più laboriosi nella vestizione e svestizione, ma soprattutto obbligano ad una pinna più grande.
Gli accessori
Ogni muta stagna, di ogni tipo e materiale si può personalizzare con vari accessori. Quelli più comuni sono: protezioni particolari (cordura, kevlar) applicabili in zone più soggette ad usura o più delicate, tasche di diversa grandezza da applicare sul lato esterno delle cosce, particolari calzature (tipo stivaletti militari), P-valve (sistema che consente di urinare), cappucci di più tipi (separati, integrati, più o meno pesanti), guanti stagni, sistemi che permettono di cambiare collo e polsini in lattice senza colla (DUI Zip Seals).
Ma allora quale muta scegliere?
Probabilmente dopo aver letto la parte precedente, ognuno si sarà fatto la propria idea. Non esiste la muta stagna “perfetta”, tutte hanno dei pregi e tutte hanno dei difetti, si tratta solo di adattarli al nostro modo di andare in acqua e alle nostre esigenze “operative”.
Alcune qualità però andrebbero comunque sempre garantite: comodità e confort, facilità di accesso, facilità nell’asciugarsi dentro e fuori, possibilità di utilizzare sottomuta anche pesanti, facilità di riparazione. Il trilaminato è il materiale che probabilmente si avvicina di più a tutte queste caratteristiche. Unica pecca: è più delicato. A questo si può ovviare con protezioni in cordura o addirittura kevlar in zone più esposte tipo sedere, ginocchi, gomiti.
La taglia giusta? Al contrario di quanto spesso si può pensare, individuare la taglia giusta della muta stagna è molto importante. La prova va fatta sempre con l’indumento più pesante che si pensa di utilizzare, la muta deve stare comoda, non troppo grande ma neanche troppo precisa. Il taglio telescopico e la cerniera anteriore (tipo DUI TLS 350) agevolano notevolmente sia la vestibilità che la precisione della taglia.
Consigli per una corretta vestibilità Per essere sicuri che la misura della vostra muta stagna sia quella giusta e sia abbastanza comoda da permettervi ogni tipo di movimento in assoluta libertà, dovete effettuare i seguenti movimenti, indossando il sottomuta più pesante o l’insieme del massimo degli indumenti che potreste indossare. La giusta vestibilità è la considerazione più importante quando si sceglie di acquistare la muta stagna. Per aiutarvi a verificare che sia il sottomuta che la muta stagna siano della giusta taglia, è consigliabile effettuare i sotto illustrati movimenti prima solo con il sottomuta e successivamente anche con la muta stagna. Tali movimenti devono essere fatti facilmente, senza restrizioni.
Manutenzione e riparazioni
La manutenzione di una muta stagna non richiede particolari attenzioni, ma semplici operazioni, rispettando le quali si eviteranno deterioramenti precoci:
• controllare e sciacquare la muta con particolare attenzione per valvole e cerniera dopo ogni immersione; • lavare periodicamente con acqua e sapone le guarnizioni di tenuta; • pulire la cerniera e lubrificarla ogni volta con prodotti specifici (paraffina); • usare talco per le guarnizioni di tenuta; • asciugare bene la muta, esternamente e internamente, lontano da sole e da fonti dirette di calore; • lavare la muta anche internamente almeno una volta l’anno; • riporre la muta piegata in modo tale che la cerniera non faccia pieghe brusche.
Le riparazioni sono più semplici nelle mute stagne in tessuto, infatti il neoprene bifoderato non consente una rapida riparazione in quanto bisogna attendere che la muta sia perfettamente asciutta; e ciò significa ore di attesa. Nel tessuto l’individuazione visiva è praticamente immediata e la conseguente riparazione è fattibile anche a muta indossata, dopo pochi minuti e con estrema semplicità. Anche la sostituzione della cerniera e delle guarnizioni di tenuta risulta estremamente più pratica e veloce nelle mute in tessuto con un evidente risparmio nei costi di manutenzione.
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