L'industria odierna ha sviluppato differenti tipi e modelli di sensori in grado di analizzare la pressione dell'ossigeno in un atmosfera.
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Se da un lato troviamo che le esigenze dettate dall'industria richiedono sempre maggiore precisione di lettura, dall'altra troviamo le richieste degli utilizzatori che richiedono bassa manutenzione e velocità di calibrazione. Nascono in questo modo differenti tipi di sensori con diverse tecnologie, che andremo a scegliere per le diverse esigenze richieste. Di seguito andremo a vedere brevemente alcune delle caratteristiche principali dei sensori per l'ossigeno in commercio, che ci permetteranno di capire che non esiste un sensore "universale".
IL SENSORE ELETTROCHIMICO!
Il sensore elettrochimico dell'ossigeno, spesso chiamato sensore galvanico, è tipicamente un sensore di piccole dimensioni, esso contiene due elettrodi di materiale diverso completamenti immersi in un liquido elettrolita, comunemente idrossido di potassio. Le molecole dell'ossigeno diffondendosi attraverso una membrana semipermeabile installata da un lato del sensore si aggregano subito al katodo (+) formando uno ione positivo. Lo ione successivamente migra vero l'anodo (-) generando un potenziale elettrico. La corrente generata è direttamente proporzionale alla pressione dell'ossigeno contenuto nel gas oggetto di misurazione. In questo modo è sufficiente convertire la corrente letta da un millivoltmetro applicato agli elettrodi per avere una lettura dell'ossigeno. La velocità di lettura di tale sensore è tipicamente di pochi millisecondi (6~20). Una grossa limitazione ai sensori elettrochimici è che la temperatura è molto influenzata dalla temperatura (quelli per rebreather sono tipicamente compensati) e dalla pressione assoluta del gas applicato e dalla facilità di essere velocemente messi fuori "uso" da gas particolari quali solfuro di idrogeno, vapori di acido cloridrico, vapori di anidride solforosa, ed altri che ne determinerebbero un immediato decadimento della vita propria del sensore.
IL SENSORE POLAROGRAFICO!
Il sensore polarografico dell'ossigeno viene spesso chiamato anche cellula di clark [ J. L. Clark (1822- 1898) ]. In questo tipo di sensore, sia l'anodo (tipicamente argento) che il catodo (tipicamente oro) sono immersi in un elettrolito acquoso di cloruro del potassio. Gli elettrodi sono separati da una membrana semipermeabile che fornisce il meccanismo di diffusione nel sensore. L'anodo d'argento è tenuto tipicamente ad un potenziale di 0.8V (tensione di polarizzazione) riguardo al catodo dell'oro. L'ossigeno molecolare è consumato elettrochimicamente con un flusso accompagnante della corrente elettrica direttamente proporzionale al tenore in ossigeno basato su legge del Faraday. L'uscita corrente generata dal sensore è misurata elettronicamente ed amplificata per fornire una corretta misura dell'ossigeno. Uno dei vantaggi del sensore polarografico dell'ossigeno è che mentre inoperativo non c'è consumo dell'elettrodo (anodo). I tempi di immagazzinamento sono quasi illimitati. A causa della progettazione unica del sensore polarografico dell'ossigeno, è spesso scelto per le misure disciolte dell'ossigeno in liquidi, e per misure dell'ossigeno di fase gassosa, il sensore polarografico dell'ossigeno è adatto a misure livellate dell'ossigeno. La frequenza relativamente alta del risalita del sensore è un altro svantaggio potenziale. Una variante al sensore polarografico dell'ossigeno è a che cosa alcuni fornitori si riferiscono come sensore coulombmetrico d'esaurimento in cui due elettrodi simili sono immersi in un idrossido consistente del potassio dell'elettrolito. Tipicamente, un EMF esterno di 1.3 VCC è applicato attraverso entrambi gli elettrodi che funge da meccanismo di azionamento per reazione. Un vantaggio principale di questo tipo del sensore è la relativa capacità di misurare le parti per miliardo livelli di ossigeno. Non sono suggeriti per le applicazioni dove i tenori in ossigeno eccedono 25%.
IL SENSORE PARAMAGNETICO!
Il sensore paramegnatico o sensore magnetodinamico sfrutta la maggiore magneticità dell'ossigeno rispetto ad altri gas. E' un sensore poco usato in quanto per funzionare ha necessità di essere immobile in una situazione priva di vibrazioni o altro, è etremamente fragile in quanto in esso sono contenuti parti in vetro ed è facilmente influenzato dal magnetismo di altri gas.
IL SENSORE ALL?OSSIDO DI ZIRCONIO!
Questo tipo di sensore occasionalmente viene anche chiamato come il sensore elettrochimico "a temperatura elevata" ed è basato per principio del Nernst [ W. H. Nernst (1864-1941) ]. I sensori dell'ossido dello zirconio usano un solido dichiarato l'elettrolito fabbricato tipicamente di ossido di zirconio stabilizzato con ossido di ittrio. La sonda dell'ossido allo zirconio è placcata dai lati avversari con platino che serve da elettrodi del sensore. Affinchè un sensore all'ossido di zirconio funzioni correttamente, deve essere riscaldato a circa 650 gradi. A questa temperatura, su una base molecolare, la grata dello zirconio diventa porosa, permettendo il movimento degli ioni dell'ossigeno da un'più alta concentrazione di ossigeno a più basso, basata sulla pressione parziale di ossigeno. Questo sensore è utilizzato nelle marmitte catalitiche degli autoveicoli.
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